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Le parole di Safaa
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Safaa parlava molto poco, se non con gli occhi, ma non concedeva a tutti il suo sguardo che era sempre rivolto verso una visione lontana, e se guardava qualcuno in viso era perché sentiva qualcosa, qualcosa che faceva parte del suo universo, quindi lo accoglieva. Se per sbaglio il suo sguardo cadeva su qualcuno che non faceva parte per qualche motivo del suo mondo, questi improvvisamente si sentiva smarrito, doveva distogliere il proprio sguardo e doveva allontanarsi senza capire il perché, investito da mille dubbi.
Safaa si esprimeva molto bene col suo flauto, e quella sera aveva deciso di suonare alle persone come da tempo non faceva, esprimendo tutto quello che aveva dentro, fino agli angoli più segreti di sé stessa, grazie a note composte magicamente attraverso lo spirito di tutti i presenti, e anche a quelle persone care ma lontane, che potevano ricambiare come per incantesimo, o per telepatia; qualcosa riusciva a superare le barriere del tempo e dello spazio e la conferma sarebbe emersa dal risultato del suo concerto, tutto da scoprire. Era giunto il suo momento.
Gli occhi sono lo specchio dell’anima, esprimono le sue parole, perché questa non si vede, ma la si può percepire proprio dagli occhi, e dal sentire, dalle vibrazioni della persona. L’anima ha un colore forte, qualcosa di magico, non tutti la sentono, non tutti la trattengono, molti la perdono nel corso della vita, troppo pervasi dalla pressione del materialismo invasivo e corruttivo nella nostra società. Talvolta la si può anche vedere negli occhi delle persone, questo avviene quando sono limpidi e profondi, calorosi e non sfuggenti; quando non c’è profondità possono ingannare e portare fuori strada. Viceversa, limpidezza, fermezza ed espressività possono permettere di vederla tutta la profondità, i valori, gli sforzi e il loro universo; possono lasciare estasiati e portare a perdersi o a ritrovare la propria anima, anche se questa si stava smarrendo; quando due anime si incontrano avviene un incantesimo.
Safaa quando suonava il suo flauto e guardava le persone, era magia e cercava magia. Parlava con l’anima e incantava, tutte le persone rimanevano avvolte in uno stato di ipnosi e gioia collettiva. Lei suonava e rideva dentro, ballava con il suo spirito preso per mano, e questo faceva ballare lo spirito degli altri, che a loro volta capivano per incanto cosa c’era dentro di loro che si muoveva da tempo in cerca di emozioni, e con le quali adesso ballavano.
A breve la pubblicazione del cap. n. 11 "Il flusso di San Venanzio"
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