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Cap. 11 "Il flusso di San Venanzio" da La Ragazza che abbandonò il Destino Il più venduto

Immagine del redattore: Alessandro NiccoliAlessandro Niccoli

11  Il flusso di San Venanzio


Tutti intorno a lei ballavano stregati dal suo flauto, in una danza ancestrale sotto una luna potente quella sera. Ballarono per ore e ore volteggiando su loro stessi, intorno a Safaa, e l’uno intorno all’altro, mossi dal suono antico di quel flauto fatto a mano e magistralmente suonato con richiami a note celtiche e al cinguettio degli uccelli. A notte inoltrata, quando la soddisfazione era tale da poter lasciare il posto ad una stanchezza che da tempo bussava, Safaa rallentò piano piano l’intensità delle sue dita, fiato e volteggiamenti della testa e delle gambe, e i presenti a loro volta rallentarono quei loro movimenti liberatori, fino a quando le note calarono piano d’intensità e tolse il flauto dalla bocca; mise il suo cappello cilindrico di feltro in terra, chiedendo un sostegno per poter continuare a vivere viaggiando e componendo, in cerca di altre condivisioni e scambi di conoscenze, vivendo così la vita in un continuum di sapere e arricchimento. Le persone si apprestarono a mettervi dentro delle monete, qualcuno metteva anche dei fogli interi, le donazioni si trasformarono in una cerimonia, e ad ogni donazione Safaa chinava il capo in segno di ringraziamento con le mani unite, appoggiate prima sulla fronte e poi al cuore, ringraziando così le loro menti che avevano permesso quell’unione e poi il loro cuore che aveva offerto l’accoglienza. Non seppe trattenere alcune lacrime e Nafis le baciò la fronte mentre tutti le fecero un applauso liberatorio e molti andarono ad abbracciarla, poi rimasero tutti in silenzio in piedi davanti a lei, sussurrando in coro la richiesta di un ultimo “bis”. Erano in apprensione, in attesa di un ultimo pezzo che li facesse sognare ancora; attimi di silenzio pieno di energia e calore scorrevano e univano i presenti in un flusso; in quel momento le si avvicinò, con suo sommo stupore, la ragazza che aveva conosciuto nel bosco, Soraya, aveva con sé un mandolino. Si guardarono per lunghi istanti negli occhi; anche Soraya aveva scelto una diversa strada di vita fatta di ricerca di sé stessa e di nuovi valori, abbandonando la via delle rivendicazioni, scegliendo l’arte, l’arte della musica e del teatro. Quella sera si ritrovò lì, si ritrovarono insieme, e Safaa percepì nei suoi occhi il buon cammino intrapreso. Era diversa. I loro occhi si guardavano e diventavano piano piano lucidi e con delle piccole pieghe ai lati esprimevano il sorriso, poi contemporaneamente decisero che era giunto il momento di esibirsi insieme. Soraya mise il suo mandolino in posizione e Safaa fece altrettanto col suo flauto traverso portandolo alla bocca e chinando appena indietro la testa.

Fu un attimo e nel mezzo del silenzio ora regnante nella piazzetta illuminata solo dalle stelle avvenne un’esplosione. Le prime note che si rincorrevano e accavallavano una sull’altra, insieme, come in una danza di rondini, in una musica ancestrale, partita all’unisono in una sorta di folk-afro-celtico tutto nuovo e imprevedibile.

Le persone rimaste impazzirono letteralmente e si scatenarono gli ultimi balli in giravolte libere.

                             


A breve la pubblicazione del cap. n. 12 "Il bene e l’arrivo del male"


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La Ragazza che abbandonò il Destino

La Storia di una ragazza in fuga da un destino non suo



          

 
 
 

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