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Cap. 20 La comprensione - La Ragazza che abbandonò il Destino

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La comprensione



Era giunta l’alba, avevano passato la notte fredda dentro ai loro sacchi a pelo, riparati da delle grandi palme davanti al mare.

Si erano svegliati al mattino presto sotto una pioggerella leggera, il cielo era grigio, le lontanissime case basse di pescatori non sembravano immacolate come quando la luce del sole nordafricano le inondava, le palme appesantite dall’acqua oscillavano appena, scosse dal vento che soffiava dall’oceano. Avevano fame e Khalil si lamentava con Safaa per la situazione in cui si erano venuti a trovare, lontano da tutto, a tre ore di cammino dal paesello.

Safaa, che al mattino gradiva molto il silenzio e poco le chiacchiere, tantomeno le critiche, con proverbiale calma, ancora sdraiata e con lo sguardo rivolto verso quelle lontane casupole di pescatori, disse a Khalil:

“Tu sei originario di questi luoghi ma non li apprezzi, non vedi la meraviglia, non ne trai la carica, o forse non ne hai la memoria; tra l’altro hai dimenticato che ieri ho riempito gli zaini di frutta e acqua, e di fronte a questo luogo unico, cos’altro cerchi?”

Khalil non disse nulla, e Safaa gli porse lo zaino con

la frutta. Iniziarono a mangiare gustose susine e pesche senza parlare, poi Nafis mangiando una banana disse a Khalil:

“Dai, non vorrai negare che Safaa ha fatto centro anche stavolta?”.

Khalil sorrise e ammise di avere sbagliato, disse che era reduce da un periodo un po’ stressante, senza saper bene inquadrare i motivi, e ciò a volte lo portava a scelte non troppo felici e a non godersi perbene la vita. E disse ancora ai due amici:

“Forse perché non ho più vent’anni e questo viaggio avventuroso mi turba un po’, mi mette nostalgia, mi vengono pensieri strani, inquietanti, la notte mi sveglio, qualche incubo mi insegue, può essere che abbia delle paure irrisolte, poi il pensiero del futuro mi preoccupa; dovrei lasciarmi andare anch’io, ma come?”.

Mentre Safaa ammirava l’orizzonte dando la sua totale attenzione solo all’ambiente. Nafis disse a Khalil di provare a lasciar andare tutti i pensieri e vivere solo e unicamente il presente, ogni attimo, evitando di pensare al passato e al futuro, solo così avrebbe potuto vivere al meglio ogni nuovo giorno, e ripartire da capo, come se avesse appena compiuto diciotto anni. L’amico ribatté:

“Tu parli facile, sei giovane e hai la vita davanti, la tua prospettiva è completamente diversa dalla mia, la tua vita davanti ai tuoi occhi è ampissima, ti puoi permettere di viverla facendo anche degli errori o perdendo del tempo perché hai spazi infiniti davanti, ma io ho vent’anni più di voi, gli errori fatti pesano come macigni, e talvolta si ripresentano nei propri sogni, nei pensieri. Difficile fare come dici tu, ma ci voglio credere lo stesso. Ti vorrei solo dire, però, di vivere col massimo rispetto per gli altri e attenzione per ogni passo che fai, allora forse quando avrai vent’anni di più avrai la mente completamente libera e sicuramente più aperta ai giorni a venire, come dici tu; io ho solo capito che la felicità non va inseguita: è solamente in te e bisogna imparare a sviluppare le proprie abilità, riflettendo sui risultati; mentre lo farai sarai allora sulla strada giusta”.

Safaa raggiunta da quei discorsi, disse agli altri: “Ragazzi le vostre parole non sono costruttive e in questo momento mi stanno un po’ disturbando! Le persone vivono cercando di raggiungere dei risultati, ma di fatto il punto primo da raggiungere è la sicurezza in se stessi, la certezza di essere una brava persona, intelligente e dignitosa, senza quindi avere più il bisogno del giudizio degli altri. Per il resto occorre tanto lavoro e pazienza, e adesso ogni altra parola è solo tempo perso, specie in questo angolo di mondo baciato da Dio; i vostri discorsi, se pur interessanti, non sono costruttivi, distraggono dal momento e dal posto unico che stiamo vivendo qui ed ora, e che non vivremo più un’altra volta”.

Khalil rispose a Safaa dicendole che forse era proprio quell’ambiente a fargli venire fuori idee e contraddizioni, che in altre situazioni non sarebbero venute fuori; forse era proprio grazie a quell’ambiente che aveva trovato la possibilità di sbloccarsi e ricominciare.

Al che Safaa disse a Khalil:

“Questa bellezza non ti può creare malumori, casomai te li deve togliere del tutto. Poi una volta rientrato a casa, se vuoi potrai tirarli fuori nuovamente, ma adesso per favore respira, goditi questa meraviglia e portatela dentro con te, fino a casa”.

Khalil con la fronte un po’ corrugata, si girò verso sud guardando l’infinita spiaggia. Non parlò più per un po’, finché finalmente non venne rapito anche lui da quell’ambiente unico, da quella infinita spiaggia frequentata da fenicotteri e da stormi di gabbiani che vivevano solo per godere di quella loro casa. Il loro comportamento mostrava che erano completamente dediti a viverla in totale armonia e in simbiosi tra loro stessi e l’ambiente, ne erano sia i padroni, sia gli elementi, sia l’anima. Anime bianche che contemplavano il tutto e che di tanto in tanto ognuna di loro si prodigava in piroette incredibili emettendo dei canti unici al momento del volo in picchiata, per poi planare e volteggiare sul mare. Suoni che caratterizzavano e comunicavano a tutti i presenti la forza e la gioia della natura.

Khalil ruppe il momento idilliaco e disse a Safaa: “Ti ringrazio, ho riaperto gli occhi, anche se per me è difficile sganciarmi da certi pensieri nostalgici, dai miei problemi materiali, da certe paure che ricorrono nei miei sogni; tutto quello che qui ci circonda, tutta questa magnificenza che adesso grazie alle tue parole riesco a vedere, forse mi sta portando davvero a riconsiderare i miei pensieri, forse ce la faccio, forse i miei prossimi sonni saranno migliori”.

Nafis con la luce negli occhi che li faceva brillare del suo verde chiaro, osservava quei gabbiani liberi e disse agli amici: “Penso che giunti a questo punto, in questo luogo, ci sia stata offerta l’opportunità di partire nuovamente per una nuova strada, un salto di qualità, un diverso modo di vivere il presente, più attenti alla luce, ai minuti che passano, ai cicli della natura, alla sua bellezza. Nient’altro, nessun altro pensiero, nessun altro problema di carattere materiale, questi non dovranno mai prendere il sopravvento, basta solo non preoccuparsi di possedere più cose del necessario”.

Safaa annuì, rimasero lì tutta la mattina a scaldarsi al sole, dopo la fredda notte trascorsa, in mezzo ai gabbiani, in mezzo a quei cinque dromedari che gironzolavano accanto a loro, a mangiare bacche e arbusti tra i salici piangenti, ammirando il paesaggio come solo i loro occhi sapevano fare, con una visuale quasi a 360 gradi, capaci di vedere lontanissimo, dando l’impressione di snobbare chi era loro vicino, perché effettivamente i loro occhi vedevano sfuocato da vicino ma vedevano bene le cose lontanissime. Sembrava fossero lì con loro a fare la guardia, e loro al pari dei dromedari e dei gabbiani vivevano quell’ambiente traendo forza da questo, ne erano assorbiti, ora facevano parte anch’essi di questo e questo faceva parte di loro. Ogni questione di ordine materiale che faceva parte della loro vita, in quel momento non li toccava più. Erano anche incuranti della loro auto, se fosse riparata o meno, la loro anima era immersa in quel luogo che vivevano intensamente senza bisogno di niente, solo un po’ di frutta, acqua, e grazie ai datteri presi da Safaa il giorno prima, non pensavano minimamente al prosieguo del viaggio.

Ad un certo punto Safaa si alzò, mise lo zaino in spalla e si incamminò verso l’immenso bagnasciuga che si creava sulla spiaggia all’arrivo di ogni lunghissima e lenta onda oceanica. Alcuni gabbiani la seguivano, facevano dei voli brevi, planando e roteando, per poi atterrare a circa cinquanta metri da Safaa, dove lei sarebbe arrivata poco dopo, come se le facessero strada, aspettandola di volta in volta.

Presto Safaa sparì dalla vista dei suoi amici, e mentre Khalil disse a Nafis se dovevano stare tranquilli, Nafis rispose all’amico dicendogli che Safaa era un’anima libera, e che non bisognava assolutamente attendersi nulla e preoccuparsi, in quanto lei, in primis, rispondeva solo a sé stessa, ricercava semplicemente le proprie emozioni senza per questo nuocere a nessuno e presto sarebbe ritornata, bisognava solo non attenderla.

Safaa camminò molto, fino al tramonto sull’oceano, arrivò in una laguna dove la sabbia e l’acqua brillavano sotto all’immenso cielo. Gli animali che la popolavano sembravano delle sfingi da come erano in pace: vi erano in gran parte fenicotteri rosa e lei di fronte a quell’ordine naturale trovò la sua posizione perfetta, al pari degli altri animali. Ognuno pareva incastonato in quella distesa naturale enorme, che andava dall’oceano alla laguna, fino ad una striscia di foresta che poi si perdeva nel deserto fino alle montagne. Dalla laguna dove si trovava emergevano delle dune di sabbia appena fuori dal filo dell’acqua. Il sole stava tramontando su quel grande mare e pur essendo ormai basso emetteva un dolce calore che si adagiava sulla sua pelle dandole forza, sollievo ed energia, penetrando fino ai suoi organi e alla sua mente. D’istinto si adagiò sulla sabbia nella posizione del fiore di loto circondata dai fenicotteri e dai gabbiani, di fronte al grande sole africano che, mutando il suo colore e i colori alle cose, stava ormai per sparire magicamente.

Safaa, Nafis e Khalil in quel momento erano tutti centrati su loro stessi e sull’ambiente circostante, ognuno in una sua perfetta posizione, assistettero a quegli scenari che cambiavano colore e che irradiavano tanta pace da far loro dimenticare ogni sofferenza del mondo, ora uniti l’uno con l’altro da un’energia naturale palpabile con ogni senso, che li coinvolgeva insieme ad ogni altro elemento, ad ogni altro animale, agli alberi, al cielo, alla terra.




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La Storia di una ragazza in fuga da un destino non suo


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La Ragazza che abbandonò il Destino è un romanzo di formazione che mostra quanto la fuga sia necessaria al ricongiungimento con la propria vera identità: ovunque è casa solo se le radici dell’io sono ben salde.


 
 
 

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